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17/05/17


Il Ministero delle Antichità dell'Egitto ha annunciato una rara scoperta: la camera di sepoltura di una principessa reale risalente a quasi 4.000 anni fa. La tomba è stata trovata sotto una piramide nei pressi del Dahshur, un'antica necropoli reale lungo il fiume Nilo che vanta alcune delle più antiche piramidi in Egitto. Le piramidi del Dahshur sono state descritte come prototipi serviti come esperienza di apprendimento per i costruttori di piramidi reali nell'antico Egitto dinastico.

La "piramide piegata" a Dahshur implica che i metodi di costruzione della piramide erano in una fase di transizione durante la sua costruzione.

La tomba della principessa rappresenta un mistero, perché i ricercatori non sanno chi potrebbe essere esattamente la donna sepolta. Sono presenti diverse iscrizioni che affermano che potrebbe essere stata la figlia di un faraone chiamato Ameny Qemau. La scoperta più curiosa nella sepoltura però è una cassa di legno sulla quale sono incisi geroglifici che sono ancora stati del tutto decifrati. Il nome "Hatshepset" compare parecchie volte sulla superficie della cassa, anche se gli archeologi attualmente non sanno a chi potrebbero riferirsi tali iscrizioni.

Cosa c'è nella cassa ? Non molto, a quanto pare

Queste casse erano comuni nelle antiche tombe egiziane ed erano utilizzate per contenere i cosiddetti vasi canopi (o canopici) delle mummie, nei quali venivano conservati i fluidi corporei e gli organi interni dopo la mummificazione. Tuttavia questa particolare cassa risulta quasi vuota, anche se sono ancora presenti gli imballaggi che accompagnavano i vasi.  
Aidan Dodson, un egittologo dell'Università di Bristol, ha dichiarato a LiveScience che le iscrizioni lasciano supporre che la tomba originariamente fosse destinata a qualcun altro, ma sia stata utilizzata in seguito per la principessa: "La scatola canopica appartiene sicuramente alla figlia di un re, ma ho difficoltà a leggerne il nome. Non vi è alcuna indicazione sul suo genitore. La piramide non è di un tipo adatto a una principessa. Pertanto deve essere stata costruita per un re, ma poi utilizzata per la sepoltura della principessa. La presenza del nome di Ameny Qemau suggerisce che egli abbia potuto usurpare la piramide costruita per il suo predecessore per seppellire una delle sue figlie, infatti non vi è alcuna ragione per cui un re avrebbe dovuto costruire due piramidi per sé."


Nella tomba si trova anche un sarcofago, ma è in condizioni pessime a causa di secoli di saccheggio. La mummia della principessa probabilmente è stata trafugata e venduta, così come anche i vasi canopi sono stati rubati.


23/12/14


Un piccolo manufatto in pietra recuperato da un sito paleo-eschimese sull’isola di Baffin sarebbe la prova della presenza dei Vichinghi nel Canada artico intorno all’anno mille d.C., in base alle dichiarazioni di un team di scienziati guidati dalla dottoressa Patricia Sutherland dell'Università di Aberdeen, in Scozia.
L'antico sito, chiamato Nanook, è stato scoperto nel 1960 dal dottor Moreau Maxwell della Michigan State University.
Il Dr. Maxwell lo identificò come un sito Dorset paleo-eschimese, anche se notò alcune anomalie nei resti architettonici; in base ad alcune datazioni al radiocarbonio stabilì che il sito era stato abitato per un periodo che andava dal 754 a.C. al 1367 d.C.
Tra i reperti recuperati dall’archeologo vi era anche un piccolo vaso di pietra che risultava fuori contesto così come i resti degli edifici.
La Dr.ssa Sutherland ed i suoi colleghi del Geological Survey of Canada di Ottawa e Peter H. Thompson della Geological Consulting Ltd hanno ora scoperto che l'interno del vaso contiene frammenti di bronzo e piccole sferule di vetro.
L'oggetto, secondo gli studiosi, è un crogiolo per la fusione del bronzo, probabilmente serviva per forgiare piccoli attrezzi e ornamenti. I popoli indigeni della parte settentrionale del Nord America non praticavano la lavorazione dei metalli ad alta temperatura.

La mappa indica il sito di Nanook sull'isola di Baffin in Canada

In un articolo pubblicato sulla rivista Geoarchaeology, la Dr.ssa Sutherland ed i suoi colleghi descrivono così la loro scoperta: “L'oggetto è alto 48 mm e manca circa la metà della sua base che dovrebbe essere a forma di chiglia di nave. Il manufatto sembra essere stato all'incirca a pianta circolare, con diametro che varia da 35 mm alla base sino a 48 millimetri sul bordo.  Lo spessore della base è di 15 mm mentre quello delle pareti va ad assottigliarsi sino a raggiungere 6 mm sul bordo. L'esterno appare liscio ma alcune parti interne sono danneggiate da graffi o da raschiamenti.”
Secondo i ricercatori, piccoli crogioli di pietra come questo venivano impiegati dai vichinghi per la lavorazione dei metalli non ferrosi.
“Siamo a conoscenza di un altro manufatto simile a questo che è stato recuperato in un antico insediamento vichingo a Rogaland, in Norvegia.”
“Piccoli crogioli a pianta circolare con basi piane o coniche sono stati rinvenuti nei primi siti medioevali delle isole britanniche, tra cui un campione di pietra a Garranes, in Irlanda.”
“La presenza di tracce di bronzo nel crogiolo di Baffin è di grande rilevanza poiché insieme all’ottone, che è una lega formata da rame e zinco, è caratteristico dei reperti provenienti dalla Scandinavia.”
La Dr.ssa Sutherland ha aggiunto che “il crogiolo rappresenta un nuovo interessante tassello dello scenario che  sta emergendo riguardo la storia antica del nord del Canada.”
“Questa potrebbe essere la prima prova della lavorazione ad alte temperature dei metalli non ferrosi in Nord America, a nord di quello che oggi è il Messico.”

Fonte: Sci-News
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16/12/14

La piramide sommersa di Yonaguni

Anche il Giappone potrebbe avere la sua Atlantide: si tratta delle rovine sommerse scoperte nel 1986 da alcuni sub nelle acque a sud di Yonaguni, l’isola più occidentale del Giappone. Tra queste strutture, poste a 25 metri di profondità, la più notevole è quella che sembra essere una piramide a gradoni che viene comunemente chiamata il “Monumento di Yonaguni”, essa fu individuata casualmente nel 1986 durante un’immersione per documentare gli squali martello, particolarmente diffusi in questa specifica zona del Giappone.
La curiosa formazione, che sembrava un castello o una piramide, attirò l’attenzione di un professore di geologia marina, Masaaki Kimura, che dal momento in cui visitò il sito lo ritenne artificiale e a tutt’oggi si adopera per sostenere la sua tesi.
Egli infatti ha addirittura fondato un’organizzazione dedita a dimostrare che il Monumento Yonaguni  non è una semplice formazione naturale, come sembra dimostrare l’evidenza dei fatti, ma piuttosto una struttura artificiale, costituita da una rete enorme di edifici, castelli, monumenti, uno stadio ed altre strutture, tutte collegate da un elaborato sistema di strade e corsi d’acqua.

Il Dr. Masaaki Kimura

A suo tempo la notizia della scoperta del Dr. Kimura fece il giro del mondo ed i media diedero molta eco all’argomento. Misteri della Storia su History Channel produsse un episodio chiamato “Giappone: misteriose piramidi”, Ancient Discoveries un episodio chiamato “Lost Cities of the Deep”, mentre altri documentari inerenti all’argomento furono trasmessi dalla BBC e da Discovery Channel.
Non mancarono anche clamorosi falsi, come  la famosa foto della testa scolpita nella formazione individuata dal Dr. Kimura. Si tratta di una grande roccia tondeggiante, con due depressioni in una posizione vicina a dove dovrebbero trovarsi gli occhi, ma data la sua approssimazione lo stesso Kimura non ha la pretesa di identificarla come totalmente artificiale: egli infatti sostiene che solo gli occhi sono artificiali mentre il resto della roccia è naturale. Tuttavia, c’è una fotografia completamente diversa su Internet che mostra tre subacquei intorno ad una testa di pietra enorme che sembra essere avere un copricapo piumato. Ovviamente è un falso ma molti internauti cadono ancora nell’inganno.

La vera faccia di Yonaguni

Il falso della faccia di Yonaguni che circola in rete

E’ importante evidenziare che la teoria sulle strutture artificiali di Kimura ha ben pochi sostenitori tra archeologi e scienziati e ancora meno consenso tra gli esperti di archeologia alternativa come lui. Tra questi spicca il Dr. Robert Schoch, geologo presso la Boston University, conosciuto per il suo lavoro sulla retrodatazione della Sfinge e della Grande Piramide in base all'erosione degli agenti atmosferici.
Dopo aver studiato le strutture di Yonaguni ha osservato che:  “Per quanto ho potuto verificare, la struttura è composta interamente da un unico solido blocco. Nessuna parte del monumento è costituita da blocchi di roccia separati e disposti secondo un determinato criterio. Questo è un punto fondamentale: infatti l’esistenza di blocchi di roccia disposti in un certo ordine sarebbero la prova definitiva dell’origine artificiale della struttura, tuttavia non sono riuscito a trovare alcuna prova del genere.
Le rocce che ho studiato  contengono numerosi piani di stratificazione paralleli e ben definiti ed inoltre sono attraversate da numerose linee di frattura verticali.
Yonaguni si trova in una regione sismica e sappiamo che i terremoti tendono a fratturare le rocce in modo regolare.  Se si confrontano gli effetti della normale erosione, molto regolare, degli agenti atmosferici sulle rocce più recenti della costa dell’isola con le caratteristiche strutturali del Monumento di Yonaguni, si ha la certezza che esso sia principalmente il risultato di processi geologici naturali e della geomorfologia del luogo. Infine sulla superficie ho trovato anche depressioni e cavità che formano buchi naturali nella roccia simili a quelli che alcuni ricercatori hanno notato sulle strutture sottomarine di Yonaguni “.

Il "Selciato del gigante", esempio di rocce squadrate di origine naturale

Le rocce squadrate del sito di Yonaguni

Il Giappone si trova in una regione di grande instabilità tettonica, il cosiddetto Anello di fuoco del Pacifico e l’isola si trova proprio accanto alla convergenza tra la placca pacifica e la placca del Mare delle Filippine. Questo ha fatto sì che si creino particolari strutture naturali rocciose.
Patrick D. Nunn , professore di Geoscienze presso la University of the South Pacific , ha studiato queste strutture e rileva che le formazioni sottomarine di Yonaguni sono rocce di ardesia come le Sanninudai di superficie (rocce stratificate di forma piatta o squadrata) , modellate esclusivamente da processi naturali.  Per quanto riguarda le strutture sommerse conclude  che “non c’è ragione di supporre che esse siano artificiali”. Altri esempi di formazioni naturali con facce piane e taglienti e spigoli rettilinei sono le colonne di basalto del Selciato del gigante in Irlanda e la scala naturale del Monte Old Rag in Virginia, negli Stati Uniti.

La scala naturale del Monte Old Rag

La scala di Yonaguni

Va infine sottolineato come negli ultimi anni, il dottor Kimura ha riconosciuto che la struttura di base del monumento è probabilmente naturale, ma afferma che fu comunque “abitato” dagli esseri umani. Il geologo giapponese in un primo momento ha stimato che questa popolazione doveva risalire ad almeno 10.000 anni fa (8.000 a.C.), ma in un rapporto del Pacific Science Congress nel 2007, Kimura stesso ha rivisto questa stima e datato a 2.000 o 3.000 anni fa lo stanziamento.
Anche questa teoria però è stata smentita, poiché Yonaguni è una delle isole Ryukyu, e la prima prova archeologica della presenza dell’uomo risale al 300 a.C., inoltre studi genetici hanno dimostrato che i primi abitanti delle Ryukyu migrarono verso sud dal Giappone e non da Taiwan da dove provengono invece le popolazioni più antiche.

Fonte: Mistero Risolto

23/11/14

La piramide di cristallo del Triangolo delle Bermuda

Scoperta una gigantesca piramide di cristallo sul fondo del Triangolo delle Bermuda, si tratta forse dei resti della leggendaria civiltà di Atlantide?
La sensazionale notizia risale al 2012: un team composto da esploratori americani e francesi ha confermato la scoperta di una strutture gigantesca, una piramide di cristallo, forse più grande della Piramide di Cheope in Egitto, parzialmente trasparente, che sembra poggiare sul fondo del Mar dei Caraibi e la sua origine, età e scopo sono del tutto sconosciuti.
La lunghezza della base della piramide è di 300 metri per 200 e il vertice della piramide si innalza a circa 100 metri dalla base. Sulla cima della piramide ci sono due fori molto grandi, attraverso i quali l’acqua del mare si muoverebbe ad alta velocità generando dei vortici che influenzano fortemente anche la superficie del mare. Per quanto riguarda il materiale di composizione, dai risultati preliminari sembrerebbe che questa struttura sia fatta di vetro o di un materiale molto simile (cristallo?), in quanto risulta completamente liscia e parzialmente traslucida. Comunque, per maggiori dettagli, i ricercatori rimandano ad uno studio più approfondito, che offrirà risultati che al momento è difficile immaginare.

Il Triangolo delle Bermuda

Tuttavia non è la prima volta che si ha notizia di questa struttura sommersa, la piramide infatti fu individuata per la prima volta nel 1968 da un medico, Ray Brown, il quale si trovava in vacanza nei Caraibi a fare immersioni con i suoi amici al largo delle Bahamas, in una zona conosciuta come “La Lingua dell’Oceano“, a causa della bizzarra conformazione del fondale marino. Nel bel mezzo di una immersione, il dott. Brown raccontò di essersi ritrovato solo e a corto d’aria, e mentre tentava di raggiungere i suoi amici, guardando verso il basso, notò una massiccia struttura innalzarsi dal fondo dell’oceano: un oggetto lievemente illuminato dal sole e che sembrava avere la forma di una piramide. Non ebbe purtroppo la possibilità di studiare l’oggetto, a causa della situazione critica in cui si trovava.
Secondo altre fonti invece, avendo trovato un'entrata, Ray Brown si introdusse nella piramide e si imbatté in una gemma di colore rosso, incastonata in una sbarra metallica posizionata nel centro del complesso e fissata al soffitto della struttura.
Il dottor Brown provò a rimuovere la gemma, senza riuscirci. Perlustrando maggiormente si imbatté in una scultura, formata da due mani giunte, che sorreggevano una sfera, apparentemente dello stesso materiale della piramide. La sfera, di circa 8-10 cm di diametro, fu prelevata senza difficoltà.

La sfera di cristallo del dott. Ray Brown

Successivamente, nell’estate del 1991, il famoso oceanografo dott. Verlag Meyer, durante una conferenza stampa a Freeport fece una dichiarazione alquanto misteriosa. Meyer comunicò che durante una scansione con il sonar del fondale del famoso “Triangolo delle Bermuda”, il suo team aveva individuato ben due piramidi gigantesche, più grandi delle Piramidi di Giza, ad una profondità di 600 metri. In base ai risultati delle sue ricerche era emerso che “la tecnologia per produrre il materiale di costruzione delle piramidi era sconosciuta, Infatti si trattava di un elemento simile al vetro di grosso spessore”.
In realtà la scoperta della piramide di cristallo del 2012 non è altro che la versione riveduta ed aggiornata di questa notizia che è apparsa per la prima volta sul tabloid Weekly World News del 28 maggio 1991.

Il Weekly World News del 28 maggio 1991

Per capire di che tipo di giornale stiamo parlando, eccone la definizione tratta da Wikipedia: “ll Weekly World News era un tabloid di notizie in gran parte immaginarie pubblicato negli Stati Uniti dal 1979 al 2007, era rinomato per le sue storie in prima pagina stravaganti e spesso basate su temi soprannaturali o paranormali e per un approccio alla notizia che sfiorava la satira”. Inutile dire che al di fuori di questo contesto non si ha alcuna traccia del “famoso oceanografo” Verlag Meyer che sembra essere un personaggio di fantasia.
Il dott. Ray Brown invece esiste realmente ed appare in un vecchio documentario di History Channel dove racconta la sua storia, che secondo altre fonti sarebbe avvenuta nel 1970 ed in ogni caso resa nota nel 1975 a Phoenix in Arizona. In quella occasione fu fatta vedere anche la sfera che sembra sia stata mostrata poche volte negli anni e della quale non esistono altre foto in circolazione oltre a quelle presentate da Hystory Channel nel documentario dedicato.


C’è da aggiungere infine che la storia di Ray Brown è sin troppo attinente alla famosa profezia di Edgar Cayce che predisse che il tempio sommerso di Atlantide davanti alla costa di Bimini sarebbe riemerso proprio nel 1968, e parlò di un cristallo che produceva un raggio di energia. Inoltre non esiste alcuna evidenza della presunta scoperta oltre alle sue affermazioni.
Credo che si possa senz’altro concludere che la storia delle piramidi di cristallo sommerse sia una bufala che viene riproposta ciclicamente, a distanza di decenni, ogni volta arricchita con nuovi spunti e presunte rivelazioni.

12/10/14


Nel settembre 2013 al largo delle costa dell’isola di Terceira, nelle Azzorre, è stata individuata una struttura piramidale ad una profondità di 40 metri. La struttura, perfettamente squadrata, è stata avvistata dal signor Diocleziano Silva, mentre navigava nella zona con il suo yacht privato.
L’altezza stimata dell’enigmatica struttura è di circa 60 metri ed è stata individuata grazie ad un eco-scandaglio GPS. "La piramide è perfettamente sagomata ed apparentemente orientata con i punti cardinali" ha spiegato Silva al Diário Insulare, il giornale locale.
Di recente gli archeologi dell'Associazione Portoghese di Ricerca Archeologica (APIA) hanno scoperto testimonianze archeologiche sull'isola di Pico che supportano la loro convinzione che nelle Azzorre vi siano stati insediamenti umani molte migliaia di anni prima dell'arrivo dei portoghesi.
Le prove archeologiche comprendono una grande varietà di strutture piramidali rocciose protostoriche, alcune delle quali alte 13 metri. Le strutture potrebbero essere state costruite secondo un preciso orientamento, in linea con i solstizi d'estate, il che suggerisce che siano state edificate con uno scopo ben preciso.

L'isola di Terceira

Quando fu scoperto dai portoghesi nel 1427 l’arcipelago delle Azzorre era completamente disabitato.
Nel 2012 gli archeologi hanno dichiarato di aver trovato tracce di arte rupestre sull'isola di Terceira, che ritengono antiche di molte migliaia di anni.
Negli ultimi quattro anni, una serie di antichi reperti archeologici sono stati identificati su tutte le nove isole dell'arcipelago delle Azzorre. Essi comprendono un'epigrafe di epoca romana, santuari cartaginesi, arte rupestre, e strutture megalitiche.

Nota: trattandosi di una piccola imbarcazione privata, il sonar utilizzato non è uno strumento professionale e la definizione delle sue scansioni non è propriamente ottimale, pertanto le squadrature potrebbero essere semplicemente dovute all’approssimazione dei calcoli dello strumento.
Per quanto riguarda poi l’orientamento della struttura, è impossibile da verificare senza alcun punto di riferimento. Ne consegue che, a meno di clamorose smentite, la presunta piramide molto probabilmente non è altro che una struttura naturale.

08/10/14

Il geoglifo del Kazakistan a forma di svastica

Non sono grandi o articolati come le linee di Nazca in Perù, tuttavia i nuovi geoglifi scoperti in Kazakistan sono destinati ad alimentare le discussioni e le ricerche circa la loro origine ed il loro significato.
Alla riunione annuale dell'Associazione Europea degli Archeologi, svoltasi ad Istanbul, i ricercatori della Kostanay University del Kazakistan e della Vilnius University della Lituania hanno presentato i loro risultati: con l'utilizzo di scavi, di geo-radar ed anche con il sempre più popolare Google Earth hanno individuato oltre 50 geoglifi nel Kazakistan settentrionale.

Un geoglifo trovato in Kazakistan sembra una scatola contenente una X o una croce

A differenza delle linee di Nazca, la maggior parte dei geoglifi del Kazakistan sono disegni costruiti con tumuli di terra. Le loro dimensioni variano dai 90 ai 400 metri e, anche se si tratta di tumuli, sono molto più facili da vedere dall'alto che non dalla terraferma.
Tra le peculiarità riscontrate, risulta che un geoglifo in particolare è stato costruito con legname.
ed ha la forma di una svastica, mentre altri hanno forme di croci, quadrati e cerchi.
I ricercatori non hanno ancora rivelato ciò che il geo-radar potrebbe aver trovato all'interno dei tumuli, mentre si è scoperto che le zone circostanti contengono resti di capanne e focolari che sono stati probabilmente utilizzati per cerimonie e rituali. Le forme dei tumuli suggeriscono che la loro funzione sia stata prettamente di tipo religioso, tuttavia potrebbero anche essere stati utilizzati per indicare i proprietari di quelle terre.

Un geoglifo a forma di croce

Anche per i geoglifi del Kazakistan, alla pari dei più famosi geoglifi presenti in Gran Bretagna, Sud America ed anche in alcune zone degli Stati Uniti, rimane un mistero capire quale sia il loro effettivo scopo e chi siano stati i loro costruttori.

Fonte: Mysterious Universe

07/12/13

Mohenjo-daro

Un olocausto nucleare nel passato remoto dell'India: l'antichissima città di Mohenjo-daro sarebbe stata distrutta dall'esplosione di una piccola bomba atomica al culmine di una guerra tra diverse fazioni di extraterrestri. 
E' quanto sosteneva più di trent'anni fa lo studioso David W. Davenport nel suo libro "2000 a.C. Distruzione atomica" scritto in collaborazione con il giornalista italiano Ettore Vincenti ed edito dalla casa editrice SugarCo nel 1979.

Il libro 2000 a.C. Distruzione atomica

Mohenjo-daro, il cui nome significa monte dei morti, è un'antichissima città risalente all'Età del bronzo, situata sulla riva destra del fiume Indo, nell'attuale regione pakistana del Sindh, 300 km a nord-nord-est di Karachi. Insieme ad Harappa è una delle più grandi città della cosiddetta civiltà della valle dell'Indo.
La città si estende per circa 100 ettari ed è divisa in due settori, una cittadella ed una città bassa, la disposizione degli edifici e delle strade rivela un piano di urbanizzazione ben studiato, le strade infatti formano una griglia con al centro un vialone principale, largo circa 10 metri, che divide la cittadella dalla parte bassa.
La popolazione della città doveva essere di circa 40.000 persone anche se altre fonti indicano che nel periodo di massimo splendore doveva raggiungere le 70.000 unità. Gli scavi archeologici hanno evidenziato che le abitazioni erano spesso munite di una sala da bagno e di un sistema di drenaggio delle acque di scarico. Nella cittadella inoltre sono presenti una struttura a forma di vasca che fungeva da serbatoio, alcuni grandi granai ed una grande struttura residenziale.
La città è stata costruita nel corso del terzo millennio a.C. ed è stata abbandonata definitivamente verso la fine del XVIII secolo a.C.
La scienza ufficiale spiega la fine di questa civiltà con le frequenti piene dell'Indo, Davenport invece sosteneva che la sua fine era stata repentina e causata da un'arma micidiale paragonabile ad una moderna bomba atomica.
Davenport seppur di origini inglesi, era nato in India ed era esperto di sanscrito e di antichissime tradizioni  popolari indiane, per le sue ricerche è partito dal presupposto, condiviso anche da molti studiosi indiani, che gli eventi descritti negli antichi testi siano fatti realmente accaduti in seguito trasformati dall'alone del mito.
Interpretati in questa ottica i poemi epici come il Ramayana o il Mahabharata riporterebbero con dovizia di particolari ordigni volanti ed armi ultramoderne paragonabili, se non superiori, a quelle attuali.

Lord David W. Davenport (a sinistra) ed Ettore Vincenti (a destra)

Dopo aver conosciuto il giornalista Ettore Vincenti, Davenport intraprese un lungo viaggio tra India e Pakistan alla ricerca di indizi, riferimenti e prove circa una città distrutta da un'arma "divina" così come descritto nel Mahabarata "… un unico proiettile caricato con tutta la potenza dell’universo, una colonna incandescente di fumo e di fiamme, luminosa come diecimila soli, si levò in tutto il suo splendore. Un’arma sconosciuta, un fulmine di ferro, un gigantesco messaggero di morte che ridusse in cenere l’intera razza dei Vrishnis e dei Andhakas".
Davenport raccolse diversi reperti quali bracciali, anfore e pietre che fece analizzare dagli esperti del CNR di Roma; sui reperti non fu trovata alcuna traccia di radioattività, che anche a distanza di 4.000 anni avrebbe lasciato tracce evidenti, tuttavia gli oggetti risultavano vetrificati per effetto di un calore che gli esperti stimavano nell’ordine dei 1500 gradi.
Un altro indizio importante emerge da uno studio sulla diversa altezza delle rovine della città in base al presunto epicentro dell'esplosione che può essere spiegabile se si prende in considerazione l’ipotesi di una grande esplosione in quota che avrebbe prodotto un’onda d’urto tale da abbattere le abitazioni in relazione alla distanza.
Nel loro libro Davenport e Vincenti infatti scrivevano "… allo stato attuale della tecnologia solo un ordigno nucleare può essere stato capace di creare contemporaneamente un’onda d’urto e un’onda di calore tali da lasciare le tracce che abbiamo rilevato a Mohenjo-daro".
Abbiamo visto che già all'epoca delle loro ricerche non era emersa alcuna traccia di radioattività, per quanto riguarda l'epicentro dell'esplosione vi sono altri studi che sembrano smentire tale ipotesi come si può leggere in questo articolo.
Rimane il problema dei reperti fusi a temperature altissime che effettivamente possono essere compatibili con un'esplosione nucleare, anche in questo caso ci sono però pareri contrastanti poiché alcuni parlano di un numero esiguo di reperti (vedi sempre link precedente), altri invece riportano la presenza di "aree totalmente cosparse da vasellame e mattoni fusi o vetrificati, come se fossero state realmente esposte ad una fonte di calore molto elevata" come il caso dello studioso Enrico Baccarini che a distanza di circa trent'anni ha ripercorso le orme di Davenport e Vincenti, come si può leggere in questa pagina.
Tuttavia a mio parere queste considerazioni di carattere oggettivo non tolgono alcun valore al lavoro di Davenport e Vincenti  che rappresenta un raro esempio di come si possano trattare in maniera seria e professionale argomenti che esulano dagli schemi tradizionali della moderna archeologia.

21/10/13

Le piramidi di Pantiacolla

Le cosiddette piramidi di Pantiacolla, dalla lingua quechua "luogo dove si perde la principessa", furono scoperte il 30 dicembre 1975 grazie alle foto scattate dal satellite statunitense Landsat 2 su un'area della foresta peruviana nel dipartimento del Madre de Dios.
Le immagini mostravano una serie di sei punti, a coppie di due, simmetrici e regolari, in un primo momento si pensò ad un errore, ma poi, in seguito ad attente analisi di esperti cartografi, si giunse alla conclusione che quegli strani oggetti nella selva dovevano essere molto alti, almeno 150-200 metri.
La loro disposizione simmetrica suggeriva che potevano essere formazioni artificiali, magari piramidi costruite in un remoto passato per motivi rituali o cerimoniali.
Foto delle piramidi scattata dal satellite Landsat 2

Ad alimentare l'alone di mistero intorno a queste formazioni contribuì il fatto che l’area del Madre de Dios era stata indicata da molti come il luogo dove sorgeva una città perduta degli Incas chiamata Paititi e dove gli stessi si erano nascosti in seguito all’avanzata degli spagnoli verso il Cusco nel 1533. Inoltre la zona era relativamente vicina ai petroglifi di Pusharo, enigmatico sito relativamente poco conosciuto, ma di grande rilevanza archeologica situato presso il Rio Shinkibeni.

Nel 1977 il giapponese Yoshiharu Sekino si avvicinò alle piramidi, pur non riuscendo a raggiungere il luogo esatto a causa delle difficoltà ambientali, degli insetti e della folta vegetazione tropicale.
Nel 1979 i coniugi Herbert e Nicole Cartagena scoprirono delle rovine incaiche non lontano dal Rio Nistron: questa scoperta provava che gli Incas si erano effettivamente addentrati nella selva ad oriente del Cusco, cercando di sfuggire ai conquistadores.

Il primo esploratore a giungere sul luogo fu nel 1996 l’archeologo statunitense Gregory Deyermejian che assieme alla sua squadra eseguì approfonditi studi sul territorio arrivando alla conclusione che le cosiddette piramidi non sono altro che strane formazioni naturali.

L'archeologo Gregory Deyermejian

In seguito però altri esploratori sostennero che le piramidi non erano naturali ma modificate dall’uomo in epoche pre-incaiche e sono in relazione con la città perduta degli Incas, Paititi.
Secondo altri ricercatori invece le piramidi sarebbero delle formazioni naturali utilizzate come dei luoghi rituali e religiosi dagli Incas che s’inoltrarono nella selva. 
Di sicuro c'è che le cosiddette piramidi sono costituite da 12 monticcioli alti approssimativamente 150 metri ciascuno e disposti in modo curiosamente simmetrico e che anche le spedizioni successive non hanno trovato prove sostanziali che indichino che le piramidi siano qualcosa di diverso da curiose formazioni geologiche.

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